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"Per le persone che hanno il gusto della solitudine, essere in un luogo in cui nessuno può collocarti precisamente è una gioia rara: forse sta tutto lì anche il piacere dei viaggi" (Cesarina Vighy, L'ultima estate, 2009)
Finchè le potenze europee non si affermarono all'estremità nord del Borneo nel XIX secolo, le tribù del Sabah ebbero contatti minimi con il mondo esterno. Da allora, così come questi gruppi etnici hanno rinunciato ai loro tradizionali usi e costumi, così è mutato anche l'ambiente ed il territorio della regione: l'industria del legname ha trasformato immense fasce di foresta pluviale in sterminate piantagioni di palma da olio, il che, se da un lato ha portato ricchezza per lo stato e migliaia di posti di lavoro in più, da un altro lato ha irrimediabilmente impoverito l'habitat. Nonostante ciò il turismo che si spinge fino in questa zona viene per osservare i residui tesori naturalistici che il territorio ancora offre e che spaziano da zone costiere selvagge, a intricate foreste di mangrovie, a sacche di foresta pluviale primigenia, a parchi marini protetti tra i più ricchi al mondo, fino alle vertiginose altezze della catena montuosa Crocker che comprende la più alta cima tra l'Himalaya e la Nuova Guinea. Viceversa i centri urbani del Sabah non presentano attrattive storiche degne di nota, ciò a causa degli intensi bombardamenti della seconda guerra mondiale e a causa della rapida ricostruzione che ha caratterizzato le città più intensamente popolate.
Dopo aver visitato lo stato del Sarawak ed aver trascorso alcuni giorni nel Brunei, raggiungiamo con un breve volo aereo l'odierna capitale del Sabah: Kota Kinabalu (o più semplicemente K.K., nuovo toponimo con cui la vecchia Jesselton è stata ribattezzata). Solo pochi edifici di rilievo sono sopravvissuti al secondo conflitto mondiale e nella parte est del centro urbano si possono trovare alcune tracce del suo passato. Il nucleo storico si sviluppa tra il mar cinese meridionale e Signal Hill, il punto più alto della città alla cui base si trova la Atkinson's clock tower, una costruzione in legno a forma di torre eretta agli inizi del 1900 che oggi rappresenta l'edificio più antico di K.K. Poco distante scorre Jalan Gaya, la via più elegante della città su cui sorge il Jesselton Hotel, il più antico albergo cittadino. Poco oltre si trova il general post office, un bell'edificio rivestito in legno ed elaborate piastrelle in cui ha sede l'ufficio del turismo. Altra attrattiva della città è il mercato alimentare notturno che si sviluppa sulla passeggiata del lungomare. Ogni sera verso il tramonto la zona si riempe di bancarelle e di improvvisati "ristorantini" all'aperto che offrono una enorme quantità di prodotti ittici cucinati al momento. Degno di nota è poi il Sabah state museum che merita una visita per le sue esposizioni etnografiche (comprendenti una serie di teschi umani risalenti al tempo dei cacciatori di teste del Sabah) e mostre fotografiche che rappresentano la città nei primi decenni dello scorso secolo. Infine, un po' defilata dal centro, sorge la moschea nazionale, un moderno edificio con una grande cupola eretto all'interno di un piccolo laghetto: un curioso effetto ottico dà l'impressione che la struttura fluttui sull'acqua.
Kota Kinabalu può costituire la base per effettuare alcune escursioni giornaliere nei dintorni. La mattina successiva ci rechiamo al Jesselton point, principale punto di ancoraggio delle imbarcazioni turistiche, per organizzare un giro nel parco marino denominato Tunku Abdul Rahman Park che comprende un gruppo di cinque isole poste a breve distanza dalla costa di K.K. Raggiungiamo così dopo una breve navigazione Pulau Manukan, l'isola in cui hanno sede gli uffici del parco. Manukan ha una forma a mezzaluna e presenta una interessante spiaggia orlata da palmeti. L'isola è la più sviluppata, ragion per cui è spesso assai frequentata dal turismo locale che porta inevitabilmente sovraffollamento e ripercussioni sotto il profilo del rispetto ambientale. Per poter godere di maggior tranquillità occorre effettuare un percorso di mezzora che conduce all'estremità ovest dell'isola denominata sunset point. Dopo aver trascorso qui alcune ore riprendiamo l'imbarcazione e ci trasferiamo nella vicina Pulau Sapi, un'isola che offre alcune belle spiagge. Anche Sapi è però meta di un'eccessivo numero di turisti che qui si recano per effettuare snorkelling e per fare il pic-nic. La grande affluenza di turisti, soprattutto locali e provenienti dall'area cinese, ha compromesso l'amenità del luogo che purtroppo spesso si presenta congestionato e letteralmente costellato da rifiuti di ogni genere. Complice anche il tempo che nel pomeriggio è stato caratterizzato da un intenso e prolungato scroscio di pioggia, l'escursione a questo parco marino non si è rivelata un'esperienza particolarmente soddisfacente essendo senz'altro preferibile dedicare magari alcuni giorni per raggiungere le isole poste più al largo della costa che risultano essere destinazioni meno battute.
Il giorno seguente ci spingiamo ad una ottantina di chilometri da K.K. fino a raggiungere il Kinabalu National Park, dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Questo luogo è noto per il suo ambiente, per la sua flora, per il suo ecosistema e soprattutto per il Gunung Kinabalu, la montagna di 4095 metri che domina il panorama della zona e che dà il nome al parco. A parte il percorso che porta alla cima del monte (per molti turisti un vero e proprio must per vedere dalla sommità il sorgere del sole, ma che richiede non poca fatica ed una buona preparazione fisica), all'interno del parco vi sono una ventina di chilometri di sentieri più o meno agevoli che consentono sia di ammirare la ricca vegetazione del luogo, sia di effettuare del birdwatching. Trascorriamo qui alcune ore girovagando per i sentieri che si diramano nella foresta e le clementi condizioni meterologiche ci consentono di avere una buona visuale della sommità della montagna che spesso è coperta ed immersa nelle nuvole. Da qui nel primo pomeriggio ci spostiamo verso est e nel corso del viaggio abbiamo la fortuna di trovare un centro agricolo in cui è in fioritura la rafflesia il fiore ufficiale dello stato Sabah. Si tratta di una pianta piuttosto rara che necessita di un ecosistema assai complesso. Tutte le specie di rafflesia sono oggi considerate in pericolo ed una delle ragioni principali è il disboscamento. I fiori necessitano di mesi e mesi di maturazione e restano aperti al massimo una settimana. Più rara diventa la specie, più basse sono le probabilità che un individuo maschile ed uno femminile fioriscano contemporaneamente nella stessa zona. La pianta può essere fecondata soltanto da certe specie di insetti, i quali a loro volta dipendono da un ecosistema speciale: devono infatti trovare una quantità sufficiente di carogne lasciate sul terreno dai predatori: questa carne viene infatti utilizzata anche per la riproduzione degli insetti. La sopravvivenza della rafflesia dipende anche da una regolare diffusione dei roditori che, dopo la maturazione dei frutti, diffondono i semi della pianta. In alcune specie il fiore può superare i 100 cm. di diametro e pesare sino a 10 chili. Per il loro aspetto e soprattutto per il loro odore, i fiori ricordano la carne putrefatta: per questa ragione le popolazioni locali indicano la pianta con nomi traducibili come "pianta carne" o "pianta cadavere". Proprio il particolare odore attira insetti come le mosche, che trasportando il polline dai fiori femminili a quelli maschili, consentono la nascita dei nuovi esemplari. Proseguiamo il viaggio e raggiungiamo le Poring hot springs, sorgenti termali create durante la seconda guerra mondiale dai giapponesi che qui installarono delle vasche di legno poi sostituite da vasche in muratura piastrellate. Nelle vicinanze si trovano altre attrattive quali un giardino di orchidee, un allevamento di farfalle tenute all'interno di un'area protetta, una passerella sospesa ed un sentiero escursionistico che conduce a delle cascate. In serata, sotto un diluvio torrenziale, facciamo rientro a Kota Kinabalu.
La mattina dopo raggiungiamo l'aeroporto e con un volo interno ci spostiamo ancora più verso oriente fino a raggiungere la cittadina di Sandakan, vecchia capitale del Sabah. Affacciata sul mare di Sulu, in posizione strategica, Sandakan fu distrutta quasi del tutto durante la seconda guerra mondiale. La ricostruzione post bellica fece nascere un tessuto urbano a griglia con edifici in cemento assai simili tra loro e solo negli ultimi anni la città ha visto sorgere nuove strutture edilizie caratterizzate da criteri architettonici più interessanti e ciò soprattutto nella zona del lungomare. Qui degno di una visita è il grande mercato centrale che si sviluppa su tre piani e che offre ogni genere di mercanzia oltre ad un vasto settore ortofrutticolo ed ittico. A pochi passi si trova la Harbour square una piazza fronte mare su cui incombe la moderna ed imponente struttura dell'hotel Four Point by Sheraton e dell'attiguo Harbour Mall. Le strade attigue, parallele alla passeggiata del lungomare, costituiscono un interessante quartiere turistico con caffè, locali, ristoranti, ostelli e negozi. Le poche vestigia coloniali che residuano si trovano sulla Trig Hill, collina a nord della città raggiungibile con la passeggiata cosiddetta dei "cento gradini". Qui l'edificio più rappresentativo è la Agnes Keith house, la casa-museo sulla vita e le opere della scrittrice americana i cui libri hanno introdotto molti occidentali alla cultura e alla storia del Borneo. Mobili d'epoca, fotografie e artefatti del luogo decorano le stanze della casa. Un po' fuori dal centro, sulla sommità di una collina, si trova il Sam Sing Kung temple, un tempio taoista terminato nel 1887 dal cui cortile si ha una bella vista sulla baia di Sandakan. Infine merita una visita il Sandakan Memorial Park che sorge sul luogo in cui durante la seconda guerra mondiale vi era un campo di prigionia istituito dai giapponesi da cui partirono le famigerate "marce della morte" nel corso delle quali morirono centinaia di soldati alleati e sopravvissero solamente sei soldati australiani. Un piccolo e commovente museo mostra le terribili condizioni di vita del campo e nel corso delle marce.
Dall'imbarcadero di Sandakan prendiamo una speed boat e ci trasferiamo al Turte Island National Park costituito da tre isolette che sorgono nel mare di Sulu a circa quaranta chilometri dalla costa del Borneo e quasi al confine con il territorio filippino. Di queste isole, solo la piccolissima isola di Pulau Selingan è visitabile seppur con un limite di soli 50/60 turisti al giorno, ragion per cui questa escursione va prenotata con mesi di anticipo. Questo è un luogo privilegiato per la deposizione delle uova delle tartarughe verdi ed embricate che si trascinano faticosamente al di sopra del limite della marea per compiere questo rito. L'esperienza è molto suggestiva e il tutto avviene di notte. I ranger del parco monitorano la spiaggia e non appena avvistano una tartaruga che scava la buca per iniziare la posa, fanno accorrere i turisti per assistere alla deposizione. Appena deposte, le uova vengono prelevate da un ranger e subito vengono portate in un luogo protetto ove vengono riposte sotto la sabbia e circondate da delle reticelle per proteggerle dai predatori fino alla loro schiusa. Sempre di notte le tartarughe che nel frattempo sono nate, vengono portate sulla spiaggia e qui vengono liberate. I turisti presenti, in silenziosa e rispettosa ammirazione, possono assistere a questa operazione. Trascorsa una notte in questa splendida isoletta su cui purtroppo vige il coprifuoco dalle 18:00 alle 6:00 del mattino, data la vicinanza al confine filippino e la periodica ricorrenza di scontri e rapimenti di turisti da parte di gruppi armati provienti dalle Filippine, rientriamo a Sandakan. Proseguiamo il nostro itinerario andando a visitare la cittadina di Sepilok nota per il suo famoso orang-utan rehabilitation center. Creato nel 1964, il centro è una delle mete più visitate del Sabah e questo in ragione degli orang-utan qui presenti: anche qui, come al Semenggoh vicino a Kuching, i primati feriti, orfani, o che hanno subito periodi di cattività, vengo sottoposti a cure e riabilitati per essere poi gradatamente reintrodotti in natura. Dalle piattaforme di osservazione è possibile assistere al pasto degli oranghi ed ai giochi a cui i piccoli si dedicano. Recentemente è stato aperto anche un settore di foresta nel quale sono stati introdotti degli esemplari di sun bear, ossia di orso malese. Si tratta della più piccola specie di orso esistente al mondo che è presente in alcune foreste del sud est asiatico. E' una specie oggi a rischio di estinzione ed in alcuni dei paesi in cui prima viveva (Vietnam, Myanmar, etc.) è quasi del tutto scomparsa. Il Borneo resta un po' la sua ultima roccaforte, pur essendo costantemente minacciato dalla deforestazione, dalla caccia e dal contrabbando di cuccioli venduti come animali domestici.
Da Sepilok proseguiamo poi verso la zona sud-est dell'ampia baia di Sandakan. Qui scorre il più lungo fiume del Sabah, il sungai Kinabatangan il cui corso è di circa 560 chilometri. Nella parte terminale di questo fiume è stato creato il Lower Kinabatangan Wildlife Sanctuary. La riserva offre tra le migliori opportunità del Sabah per ammirare le specie selvatiche presenti in questa zona. Prenotiamo così un lodge immerso nella giungla situato nei pressi del villaggio di Bilit in cui trascorriamo due giorni ed una notte. Durante la permanenza in questo luogo effettuiamo alcune navigazioni in piroga lungo il corso del fiume ed abbiamo così modo di avvistare un gran numero di specie aviarie (aquile, hornbill, egrette, aironi, martin pescatori, etc..), di primati (scimmie proboscidate e macachi), di coccodrilli e di varani. Non abbiamo purtroppo la fortuna di incontrare gli elefanti pigmei che fino alla settimana prima erano stati avvistati nelle vicinanze, ma che ora si erano spostati alcuni chilometri all'interno della riserva. La notte effettuiamo una jungle night walk e muniti di torcia elettrica, stivali di gomma e ghette contro le voraci sanguisughe presenti in gran numero a causa delle recenti abbondanti piogge, passeggiamo per un paio di ore nel buio della foresta pluviale avvistando diversi uccelli, rane, pipistrelli e insetti notturni.
Dopo questa appagante esperienza lungo il fiume Kinabatangan, riprendiamo la strada per rientrare a Sandakan. Lungo il tragitto effettuiamo una sosta alle Gomantong caves, grandi cavità calcaree popolate da rondini i cui nidi fatti di saliva e ramoscelli sono raccolti due volte all'anno per fini commerciali-gastronomici. Le grotte sono anche popolate da una notevole quantità di pipistrelli ed il percorso a piedi all'interno della caverna attraversa grossi cumuli di guano il cui acre odore nauseabondo permea l'aria rendendola quasi irrespirabile. A terra, lungo le pareti delle grotte e sui mancorrenti delle passerelle in legno, un enorme numero di scarafaggi famelici si aggira in costante ricerca di cibo. L'esperienza non è proprio indicata per chi prova impressione per questi animali, considerato anche il fatto che la scivolosità del terreno minaccia spesso l'equilibrio del visitatore che può rischiare di cadere a terra con intuibili spiacevoli conseguenze! Dopo un'altra notte trascorsa a Sandakan ci dirigiamo verso l'aeroporto cittadino ove prendiamo un volo che ci conduce a Tawau, all'estremo meridionale del Sabah. Da qui una corsa in pullmino di circa un'ora e mezza ci porta a Semporna, cittadina che si affaccia nel punto in cui si incontrano il mare di Sulu e il mare di Celebes. Semporna ha poco o nulla da offrire al turista: chi viene qui lo fa non per stare in città, ma per esplorare i fondali che circondano le isole che si trovano al largo. Queste isole rappresentano un autentico paradiso per i sub e per chi fa snorkelling e le acque, seppur non limpidissime a causa della notevole sospensione presente, offrono una enorme varietà di coralli e di vita marina. Decidiamo di raggiungere l'isola denominata Pulau Mataking posta a circa un'ora di speed boat da Semporna. Approdiamo così su quest'isola in cui è presente un unico resort esclusivo. Il luogo, nonostante la vigenza del coprifuoco notturno per ragioni di sicurezza a causa dei contrasti con le Filippine, è davvero incantevole ed è costituito da un isoletta principale, aggirabile a piedi in circa 40 minuti, collegata ad un'altra piccola isoletta tramite una lingua di sabbia bianca lunga circa 300 metri che durante la bassa marea rimane scoperta consentendo così il passaggio da una parte all'altra. Il fondale è formato da ampie zone di barriera corallina poco profonda che dopo circa una cinquantina di metri dalla riva si inabissa nelle profondità marine. Le acque sono rinomate per la presenza di una notevole quantità di tartarughe e razze. Durante lo snorkelling ne avvistiamo infatti un gran numero oltre una incredibile varietà di pesci e di formazioni coralline.
Trascorsi alcuni giorni in questo paradiso marino è giunto il momento di intraprendere il viaggio di ritorno. Rientriamo così a Semporna e da qui ci dirigiamo all'aeroporto di Tawau da cui prendiamo un volo diretto per Kuala Lumpur. Dieci ore di volo ci portano a Istanbul e da qui con altre tre ore di aereo raggiungiamo l'Italia. Rimarranno per sempre impresse nella nostra memoria le immagini e le emozioni di questa avvincente vacanza nel Borneo malesiano.
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